Cos’è un living-lab: 4 suggerimenti pratici per insegnare a progettare la mobilità

28 Febbraio 2023


Pedalare in gruppo è prima di tutto una esperienza divertente.

È infatti un ingrediente che amo inserire all’interno di percorsi di formazione sui temi della mobilità (e non solo). Lo faccio dentro modelli di insegnamento che provano a rispondere prima di tutto a questa domanda:

Come fare una didattica coinvolgente capace di trasferire competenze?

Vi spiego come ho provato a rispondere a questo bisogno con una mia esperienza, in due parti:

  • i quattro ingredienti per organizzare un living-lab efficace
  • il metodo per progettare insieme agli studenti un “biciplan scolastico”, pensato da studenti per altri studenti. Gli strumenti di lavoro utilizzati, e i risultati a cui siamo arrivati.

Uso il racconto del laboratorio fatto per l’ITS in HR & Mobility Manager della Fondazione Marco Polo di Venezia, un corso post-diploma delle superiori, che forma (futuri) mobility manager.

Il laboratorio è infatti arrivato a risultati interessanti, a partire da quattro ingredienti:

  1. Approccio sperimentale in un contesto di vita reale
  2. Partecipazione e coinvolgimento degli attori locali
  3. Attività sul campo e immersione nel territorio
  4. Collaborazione e co-produzione di conoscenza

Vediamo come sono fatti.

Uno degli ingredienti del living-lab: attività sul campo e immersione nel territorio

1. Approccio sperimentale in un contesto di vita reale

La prima cosa è proporre un caso-studio stimolante, in un contesto di vita reale. Il caso-studio è affrontato a partire da una domanda / sfida iniziale a cui i ragazzi daranno una risposta con l’applicazione degli strumenti imparati in classe.

2. Partecipazione e coinvolgimento degli attori locali

Costruire un dialogo con gli attori istituzionali (il Comune, ad esempio), gruppi informali o associazioni (nel nostro caso, FIAB e altre realtà locali). Saranno le persone con cui costruire la domanda/sfida iniziale da proporre ai ragazzi. Da una parte diventano una sorta di “committenti” e beneficiari del lavoro finale, dall’altra sono gli esperti locali del territorio, con una attività di accompagnamento e tutoraggio. Sono risorse preziosissime, che rendono la “partita” vera e interessante da giocare.

3. Attività sul campo e immersione nel territorio

Nel nostro caso, l’esplorazione in bicicletta è una attività imprescindibile per toccare con mano i problemi e le opportunità in questo campo. Ma c’è una ragione molto più semplice per promuovere una attività di questo tipo. Vivere una attività divertente e in gruppo è una leva molto potente per motivare e coinvolgere i ragazzi nel loro lavoro.

4. Collaborazione e co-produzione di conoscenza

Lo spirito con cui lavorare in aula: limitare il numero di lezioni frontali all’essenziale, prediligere una dimensione di gruppo e guidare un ragionamento aperto e orizzontale, a cui partecipano studenti, docenti ed esperti locali.

Biciplan scolastico”: come invece abbiamo risposto a questa sfida?

Parcheggio per le biciclette all’interno della Scuola 8 Marzo (Mirano)

La cittadella degli studi di Mirano (Ve) è un plesso composto da tre scuole superiori. Ogni giorno circa 4.000 persone accedono a quest’area. A tutti gli effetti: la dimensione di un piccolo comune.

Un caso-studio perfetto per affrontare i temi della gestione della mobilità nei percorsi casa-scuola.

Tra i diversi temi, scegliamo di lavorare sulla mobilità ciclabile. La sfida proposta ai ragazzi è dunque questa: come promuovere l’uso della bicicletta per gli spostamenti casa-scuola?

Abbiamo lavorato in questo modo.

L’avvio del laboratorio lo abbiamo dedicato a capire e indagare. In due direzioni.

  • La prima è la mappatura sul campo, un “safari ciclabile” suddivisi per gruppi. Ogni gruppo è accompagnato da due tutor, esperti di ciclabilità, dell’associazione FIAB locale. Obiettivo è rilevare lo stato dei percorsi – continuità, comodità e sicurezza – e fotografare le diverse situazioni.
  • Dall’altra, la classe decide di lanciare una campagna a questionario. Obiettivo è capire i comportamenti di mobilità degli studenti della scuola e la loro intenzione a utilizzare la bicicletta. La campagna ha un grande successo: più di 800 questionari su 1.300 studenti, in poche ore.
La campagna “Movite Smart” per la diffusione del questionario all’interno della scuola

Dalle informazioni raccolte, la classe arriva a progettare un vero e proprio “Biciplan scolastico” fatto di due cose

  1. una mappa on-line con i 6 itinerari ciclabili dai comuni vicini, con indicati i tratti da progettare, i punti critici dove intervenire per migliorare la sicurezza di quelli esistenti. Qui la mappa realizzata con google my maps.
  2. una proposta di “idee smart” per promuovere la bicicletta negli spostamenti casa-scuola. Da eventi per coinvolgere tutta la comunità scolastica, a progetti per facilitare la creazioni di gruppi per andare in bicicletta in compagnia, fino a nuovi parcheggi custoditi dentro la scuola.
Prima e dopo: qualche ipotesi per il miglioramento della sicurezza negli attraversamenti ciclabili di una rotatoria (disegni e elaborazioni di Massimiliano Manchiaro)

Quali sono allora i benefici di questo approccio?

  • Nel contenuto del lavoro, le soluzioni di mobilità pensate da studenti per altri studenti sono quelle che funzionano meglio. Nella comprensione dei bisogni, nei linguaggi, nella realizzazione.
  • Rispetto a una didattica tradizionale, il metodo è stimolante perché si misura con problemi reali. Questo aumenta la creatività e il coinvolgimento degli studenti, e porta a risultati più ambiziosi.
  • Gli attori locali mettono in gioco la loro esperienza e conoscenza – indispensabile per avere un quadro di partenza su cui lavorare. Allo stesso tempo, beneficiano dell’attività. Gli studenti capiscono così che il loro lavoro è utile in senso più collettivo.

Questi, dunque, i motivi per adottare quest’approccio. Che è vincente: per gli aspetti formativi e per la qualità dei risultati.

Alla prossima!

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Immagini e elaborazioni a cura di Massimiliano Manchiaro e della classe del corso ITS in “HR & Mobility Manager” della Fondazione Marco Polo di Venezia

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